“Ma Dottoressa…..ma mio marito non potrebbe andare in una comunità per guarire dal gioco….così si cura bene e quando torna è tutto a posto?…”
Spesso capita agli operatori che si occupano della cura e della presa in carico dei giocatori patologici di sentirsi dire questa o simili frasi da parte soprattutto dei famigliari, ma a volte anche dei diretti interessati.
Al momento dei primi contatti con i servizi che si occupano di gioco d’azzardo patologico spesso il giocatore e/o i suoi famigliari si trovano in una situazione di grande sofferenza da molti punti di vista. Molti infatti riferiscono di una grande situazione di tensione e crisi nell’ambito della propria condizione personale e famigliare e l’ipotesi di uno “stacco” radicale quale l’inserimento in una struttura terapeutica pare offrire un “sollievo” per l’intero sistema famigliare.
La comunità terapeutica , uno strumento tradizionalmente utilizzato dai Servizi per le Dipendenze Patologiche caratterizzato dagli aspetti della residenzialità, del confronto con il gruppo dei pari e degli operatori, ha trovato applicazioni e sperimentazioni anche per il trattamento delle dipendenze comportamentali quali il gioco d’azzardo patologico.
Le prime esperienze sono nate negli Stati Uniti e in Europa, con la realtà della Gordon House di Nottingham.
In Italia ormai da anni si sono strutturate esperienze terapeutiche residenziali per i giocatori patologici, che pur seguendo i modelli classici delle strutture per tossicodipendenze, hanno dovuto modulare interventi “su misura” rispetto alla tipologia del giocatore.
Sostanzialmente sono tre i modelli di comunità residenziale messi in essere nella nostra realtà operativa italiana che peraltro rispondono a tre criteri valutativi che possono far ipotizzare la necessità di un intervento di tipo comunitario.
Il primo modello è quello perseguito da alcune grosse realtà comunitarie che hanno di fatto inserito nel loro classico percorso terapeutico anche il giocatore patologico, che non segue quindi un percorso ad hoc, ma viene preso in carico attraverso le proposte terapeutiche classiche della comunità stessa. Tale soluzione pare adatta a situazioni di persone con reti socio famigliari assenti o troppo disgregate, mancanza di supporti socio-economici e abitativi.
Il secondo modello è quello che via via sta prendendo piede ed è quello di alcune proposte comunitarie specifiche per il giocatore. Tali realtà offrono percorsi in comunità specifiche per giocatori con attività psicoterapeutiche individuali o di gruppo, educative e riabilitative finalizzate ad aumentare sempre più la compliance al trattamento. Tali percorsi paiono adatti a pazienti per i quali la compulsione sia grave e non permetta un’ astinenza dal gioco, oltrechè per coloro che fanno emergere una mancanza o una scarsa compliance al trattamento ambulatoriale.
Il terzo modello è invece in parte atipico, in quanto propone percorsi brevissimi ( 10/15 gg) finalizzati ad una più approfondita osservazione diagnostica in situazione di contenimento full time del sintomo e di un parallelo intervento motivazionale di rinforzo all’intervento terapeutico già in atto. Tale proposta si rivolge soprattutto a quei pazienti resistenti ad intraprendere percorsi comunitari a medio o lungo termine, anche per difficoltà/esigenze personali, lavorative e famigliari.
Nella valutazione dell’opportunità di questa tipologia di intervento entrano in gioco ancora altri due aspetti : la comorbilità con disturbo da sostanze e la reale presenza di rischi suicidari.
In conclusione pare importante evidenziare come il trattamento residenziale comunitario è efficace in quanto parte di un progetto terapeutico strutturato che parte e ritorna al territorio , per una presa in carico necessariamente a lungo termine finalizzata alla remissione dal gioco d’azzardo e più in generale ad un miglioramento della qualità della vita del giocatore e del suo contesto famigliare.
Per approndimenti
M.L.Spagnolo – Cap.II Tipologie intervento- Setting Residenziale
Ne “Il Disturbo da Gioco d’Azzardo” a cura di Croce e Jarre Ed.Publiedit
D.Capitanucci – L’Accoglienza residenziale dei giocatori patologici
Ne “Reti d’Azzardo” a cura di Capitanucci e Smaniotto Ed.And-in-carta 2006