Della diffusione e delle normative nazionali e regionali che nel nostro Paese regolamentano il settore dell’azzardo abbiamo spesso parlato tra le pagine di questo sito. Di rado, invece, ci siamo occupati di ciò che accade nell’Unione Europea.
La Commissione Europea riconosce ai singoli stati la sovranità sul gioco d’azzardo, nel rispetto dei principi comunitari di libertà di impresa e di lotta alla criminalità organizzata. Ogni paese membro ha diritto di limitare le attività di gioco se i suoi obiettivi sono la tutela della salute dei cittadini ed il contrasto alla criminalità e al riciclaggio di denaro.
La Corte di Giustizia Europea ha inoltre stabilito che “il monopolio statale del gioco è consentito ma a condizione che non operi con la stessa filosofia dei privati. Ovvero, che non faccia promozione al gioco e non metta in atto le tecniche di marketing per incentivarlo”. In caso contrario, quello stesso stato, è tenuto a consentire l’accesso agli operatori privati, così come avviene in Italia.
Alcuni paesi membri vietano completamente il gioco o consentono solo lotterie nazionali, molti, invece, lo autorizzano e lo normano.
L’avvento di internet ha costretto i governi ad esprimersi in materia di azzardo, poiché anche quando il gioco è vietato territorialmente, può avere luogo online. La crescita di questo settore ha determinato un incremento degli introiti fiscali e l’attivazione di varie forme di tutela a favore dei giocatori.
Ad oggi è ancora lontana la prospettiva di una regolamentazione comune poiché non c’è un pensiero condiviso rispetto ai giochi da legalizzare e da vietare.
Un primo tentativo di collaborazione lo stanno portando avanti Francia, Portogallo e Spagna attraverso le poker room. Si tratta di un meccanismo che consente ai giocatori dei tre Paesi di accedere ad uno stesso tavolo da gioco virtuale, mentre, per fare un esempio, gli italiani possono sfidare soltanto i loro connazionali.
Questo tipo di accordo ha richiesto un percorso complesso, poiché non è stato semplice individuare standard comuni sul fronte dell’equa suddivisione degli introiti. Ogni Paese ha, infatti, la volontà di mantenere l’autonomia fiscale in un settore così interessante dal punto di vista economico.
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