Il 4 febbraio si è tenuto ad Alba, presso la sede della Banca d’Alba, il convegno “Il gioco d’azzardo patologico: quando il gioco diventa malattia”. La giornata di formazione rivolta agli operatori del settore è stata promossa dalla Pastorale Sanitaria della Diocesi albese.
Il fenomeno del gioco d’azzardo nel 2016 ha raggiunto la cifra di 95miliardi di euro poco meno di quanto gli italiani spendono per mangiare. I giocatori patologici sono 256.000 tra i 15 e i 64 anni ma di questi soltanto 15.000 sono quelli che accedono ai servizi di cura. Questo dato dimostra come sia difficile per le persone coinvolte nel problema chiedere aiuto. Negli ultimi dieci anni in Italia vi è stato un significativo incremento dell’offerta di gioco d’azzardo a bassa soglia di accesso, con una variabile aggiuntiva, adottata per ragioni di mercato ed opportunità: il gioco d’azzardo non è stato proposto con il suo nome, ma è stato abilmente travestito da attività ludica (ludopatia), in modo da attenuare la consapevolezza e la percezione di rischi e conseguenze.
I problemi nascono quando l’aspetto ludico diventa secondario rispetto all’impulso di giocare, al bisogno di rischiare, di riprovare, di continuare a tentare la fortuna anche a fronte di perdite clamorose e devastanti. Questo atteggiamento si configura come gambling, un comportamento compulsivo, la cui dinamica può essere assimilabile, pur in assenza di uso di sostanze, ad altre forme di dipendenza patologica.
I contributi maggiormente significativi del convegno sono infatti pervenuti dai professionisti che quotidianamente si occupano del trattamento dei giocatori e delle loro famiglie. Essi sottolineano che, quando i pazienti arrivano ai servizi, è necessario riprendere il controllo della situazione prevedendo, da una lato una consulenza finanziaria e legale, dall’altro definendo un obiettivo terapeutico realistico e raggiungibile. Gli interventi maggiormente efficaci sembrano essere: il counseling motivazionale, la psicoterapia cognitivo-comportamentale, i gruppi di auto-mutuo-aiuto. Obiettivo del terapeuta è aiutare il paziente a riempire il vuoto lasciato dal gioco, riaddestrarlo all’esperienza del piacere e fornire un aiuto nella gestione del denaro.
Trattandosi di una patologia ad andamento cronico recidivante, come per altri tipi di dipendenze patologiche, non è corretto parlare di “guarigione” ma di remissione del sintomo.
Inoltre il 95% dei pazienti con un problema di gambling manifesta anche un’altra patologia: alcolismo, disturbo di personalità, disturbo psichiatrico, compulsione sessuale o alimentare nonché un elevato rischio di suicidio. I trattamenti farmacologici individuati non curano il gioco in sé ma la patologia ad esso correlata.
Il convegno ha voluto quindi affrontare il problema del GAP nei suoi aspetti clinici, psicopatologici, trattamentali, sociali e giuridici proponendo una riflessione orientata allo sviluppo di interventi multidisciplinari.
Il dibattito è proseguito nella serata di venerdì 10 febbraio con un incontro pubblico aperto a tutta la cittadinanza.