Parlo da moglie di un ex giocatore, mamma di due figli.
Non è facile capire di avere un giocatore in casa. Questa dipendenza, a differenza delle altre, non fa trasparire segni evidenti; l’unico segnale che io avevo era la continua scarsità di denaro, sbalzi d’umore, nervosismo, ritardi nel rientro a casa giustificati per lavoro/uscite con colleghi, …insomma, continue menzogne per tutelarsi.
Una volta scoperto il tutto, facendo cadere ogni sua maschera, è stato come se un treno mi fosse passato addosso, incredula. Eppure questa dipendenza, questa malattia, c’era, in mio marito, e per quanto io non volessi crederci, dovevo tirarlo fuori da quel maledetto tunnel. Da solo sapevo che non poteva farcela ed io da sola non sarei bastata.
Da qui inizia il percorso terapeutico presso il Ser.D. per affrontare il problema. L’ho costretto, non aveva la consapevolezza di averne bisogno. Il suo era un comportamento autodistruttivo e non lo potevo permettere, per se stesso e per noi.
Il percorso prosegue bene per circa un anno, poi ha interrotto perché sembrava ne fosse fuori.
Ebbe l’idea di mettersi alla prova per vedere che non sarebbe più ricaduto, ma che avrebbe potuto controllarsi, ma così non è stato. Ecco ad affrontare una ricaduta: nuove bugie riscoperte, la fiducia che crollava sempre più, insieme alla sicurezza che avevo prima del nostro matrimonio. Riparte un secondo percorso, ancora attuale.
Non abbiamo mai mollato e credo che, se non avessimo l’amore ed un’unione così forte e solida, il rischio di dividersi, con questa dipendenza, c’è alla grande.
Non è sicuramente stato un periodo semplice…crolla la fiducia soprattutto nella coppia, crollano le sicurezze…e pian piano tenti di risanare tutto, nel migliore dei modi, per la famiglia, sperando onestamente di non più rivivere momenti così nella vita.
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